Report dal 27 al 30 dicembre
In questo ultimo scorcio dell’anno si è fatta numerosa la Peppola; tanti sono gli individui che al mattino si alzano dal canneto e dai salici
dove hanno passato la notte. Le Cesene, al contrario, sono andate via dopo che hanno mangiato tutto quello che c’era da mangiare; hanno lasciato i cespugli di biancospino svuotati delle loro bacche. Mancano (per ora?) due delle tipiche specie invernali: il Tarabuso e il Frosone. Se per quest’ultimo la cosa è normale – si tratta di una specie la cui presenza è irregolare, che arriva solo negli anni di forte influsso – per il Tarabuso non è spiegabile: alla Cassinazza l’abbiamo sempre avuto, anche con più individui. Quest’anno manca pure il Pellegrino, ma ciò è comprensibile: l’Astore è diventato residente e non credo che tra i due corra buon sangue. Nell’anno che si chiude, alla Cassinazza sono state osservate 152 specie, un totale notevole e perfettamente nella media di tutti gli anni passati.
Questo è un inverno con la Cincia mora. Non è sempre così. Questa specie è legata alle foreste; quando faggi e abeti rossi producono una grande quantità di semi, il tanto cibo a disposizione aumenta il suo successo riproduttivo; questo succede ogni quattro/cinque anni. Dopo la stagione favorevole molte più cince si spostano molto più lontano del solito e arrivano fino a noi. L’ultima volta successe nell’inverno 2019- 20. Qui alla Cassinazza la Cincia mora è attratta dalle piante di acero con i loro grossi semi.